Il saola, l’unicorno del Laos

saola unicorno

Mai sentito parlare del saola? Dire Laos significa dire natura. Alcune zone del paese sono ricoperte da foreste monsoniche in parte inesplorate, dove si concentra una delle maggiori concentrazioni di biodiversità del pianeta. Nonostante il Laos stia vivendo un momento di crescita, con la costruzione di strade ed infrastrutture e la crescita delle due maggiori città, Luang Prabang e Vientiane, gran parte del territorio laotiano può essere definito incontaminato. Qui vivono gli unicorni, e William deBuys ne ha raccontato la ricerca in The Last Unicorn: A Search for One of Earth’sRarest Creatures.

L’autore lascia la sua causa di Santa Fe, New Mexico per affrontare, insieme al biologo Robichaud, le giungle del Laos alla ricerca di uno dei protagonisti della mitologia animale. Visibile solo dai puri di cuore, in un viaggio che lo vedrà camminare in aree remote, scalando montagne e nutrendosi di sticky rice. Ovviamente non stiamo parlando davvero dell’unicorno, ma di un animale della famiglia dei bovidi che lo ricorda molto da vicino, il saola (Pseudoryx nghetinhensis). Avvistato per la prima volta nel 1992 nella riserva naturale vietnamita di Vu Quang, si tratta di uno dei mammiferi più rari al mondo.

Il saola

Caratterizzato da un doppio corno, che visto di profilo fa pensare all’unicorno, non si conosce il numero esatto dei saola presenti nella catena dei Monti Annamiti, in ogni caso si presuppone meno di un migliaio di esemplari. Nonostante sia stato citato in un dizionario lao-francese del primo novecento, del saola si ignorò l’esistenza al punto che la prima foto che lo ritrae risale al 1999, mentre l’ultima è stata scattata nel settembre del 2013. Grandi nemici di questo mammifero sono i dhole, i cani selvatici del sud-est asiatico, ma anche i bracconieri vietnamiti ed il loro commercio illegale di molte specie animali.

La difesa dell’ambiente è uno dei grandi temi presenti nel libro di deBuys, che corre in continuo equilibrio tra mito e realtà. Se da un lato, infatti, l’autore affronta il tema del viaggio come scoperta di sé, dall’altro si rivela un’importante fonte per la conoscenza della flora, della fauna e delle popolazioni laotiane. Nelle giungle del Laos deBuys incontra quella che lui definisce “profonda bellezza” ma anche i segni del triste passato del paese, risalente alla guerra del Vietnam, come i resti di aeroplani precipitati nel corso del conflitto o pezzi di carri armati abbandonati.

L’ambiente di questi animali

Il Laos, come emerge anche dalle pagine di questo libro, è letteralmente disseminato di crateri ed ordigni inesplosi, uno dei più grossi problemi del paese che ancora oggi provoca morti e mutilazioni. Anche aree remote come quelle che gli americani chiamano sky islands, ossia i rilievi isolati tra loro e circondati da pianure, vedono il contrasto tra uomo e natura. Questa particolare conformazione del territorio è particolarmente favorevole alla biodiversità e fa del Laos un paradiso per gli studiosi delle scienze naturali, cercatori di unicorni compresi.

Particolarmente toccante la descrizione dei saola osservati e studiati da Robichaud nel corso dei suoi studi. Il biologo li descrive infatti come estremamente tranquilli, con una calma “quasi buddhista”, una descrizione che potrebbe adattarsi alla stessa popolazione laotiana. Alla fine deBuys ha sudato, arracando dietro giovani guide e lottato con le sanguisughe ma non è riuscito a vedere il suo unicorno. Il viaggio, una costante della letteratura di ogni tempo, non conduce mai dove si crede di arrivare. L’autore afferma infine che questa esperienza, la scoperta del Laos, ha cambiato la sua vita. Clicca qui per acquistare subito il libro The Last Unicorn: A Search for One of Earth’s Rarest Creatures

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